La manipolazione mentale

La manipolazione mentale

Le sette criminali e la manipolazione mentale

INTRODUZIONE

Il tema della manipolazione mentale è strettamente connesso con quello del settarismo criminale che utilizza il controllo mentale distruttivo. Parlare di manipolazione mentale significa fare riferimento a un particolare tipo di relazione, dove uno o più individui senza scrupoli, adottando tecniche raffinate e consolidate di condizionamento mentale e di suggestione psicologica, cercano di soggiogare altri individui alla loro volontà strutturando così delle relazioni patologiche caratterizzate da dinamiche di potere distruttivo finalizzato all’annullamento della identità della vittima e alla sua strumentalizzazione.

Le stesse dinamiche possono essere ritrovate anche nelle relazioni di coppia. Molte donne vengono costrette in uno stato di totale dipendenza, costrette a non avere più rapporti con nessuno al di fuori del partner, soprattutto con chi manifesta apertamente critiche alla relazione. Vengono tenute in uno stato totale di dipendenza economica e costrette a non lavorare. Subiscono maltrattamenti se solo provano ad esprimere i loro desideri, i loro bisogni e sono ritenute responsabili di tutto ciò che non va nel matrimonio perché non sono mai abbastanza compiacenti con il proprio partner. E’ evidente che in una situazione psicologica di questo tipo la loro autostima è praticamente inesistente e perciò arrivano a convincersi di non poter fare a meno dei loro uomini che puntualmente non esitano a minacciarle di morte per prevenire qualsiasi tentativo di fuga.Infine vorrei almeno citare quelle situazioni in cui la manipolazione mentale viene utilizzata per adescare anziani da truffatori senza scrupoli o minori da organizzazioni criminali che non esitano a mercanteggiare sulla pelle dei bambini per il loro perverso piacere sessuale o per il loro profitto. La manipolazione mentale con finalità criminali viene utilizzata anche sulla pelle di persone disperate che, non avendo più speranza, si rivolgono alla magia cadendo alla fine anche nelle tele di ragno dell’usura e purtroppo viene utilizzata anche in quelle situazioni legate alla presa in cura delle persone laddove si dovrebbe trovare un reale aiuto e invece a volte si rimane vittima di relazioni distruttive che non hanno altra finalità se non quella del guadagno o del potere indiscriminato sull’altro.

1. LE SETTE CRIMINALI E IL CONTROLLO MENTALE DISTRUTTIVO.
In questo lavoro mi limiterò a trattare il tema della manipolazione mentale in relazione alle sette in generale e al satanismo criminale in particolare. In genere i gruppi settari si costituiscono intorno alla figura di un leader mentre nelle sette sataniche la fedeltà degli adepti non è rivolta al culto della personalità carismatica , bensì alla stessa dottrina satanista che promette il conseguimento del potere, del successo e del piacere attraverso determinati rituali di profanazione della liturgia cattolica, le cosiddette ‘messe nere’, che si esplicano molto spesso in chiese sconsacrate o all’aperto dove si officiano rituali sacrificali che prevedono l’uccisione di animali; l’esaltazione satanica criminale può arrivare a concepire nel nome del maligno anche sacrifici umani e l’accoppiamento con giovani vergini che precede rituali orgiastici collettivi. A mio parere, quindi, quando si investiga sulla sparizione di un individuo, tra le tante piste certamente non va trascurata nemmeno l’ipotesi del satanismo almeno per poterla scartare con certezza visto il preoccupante proliferare, anche nel territorio del nostro stato, di gruppi la cui presenza è stata accertata da organismi ufficiali, quali il Ministero dell’interno, e nei quali potrebbero verificarsi nel tempo delle degenerazioni che potrebbero sfociare anche in crimini violenti. Ritengo infatti che ci possa essere una sorta di assuefazione nella ricerca del piacere e del potere, la cui ombra può contenere in germe futuri sviluppi distruttivi difficilmente prevedibili quando si rasenta il confine labile del bene e del male e quando sono presenti evidenti dinamiche di onnipotenza che alla fine possono rompere gli argini e dare il via ad istinti dagli esiti nefasti. Quando poi, e molto spesso è così, nei rituali satanici è previsto l’uso di sostanze stupefacenti allucinogene i rischi si fanno ancora più fondati. E’ storia recente la drammatica vicenda delle cosiddette ‘Bestie di Satana’ e se possibile l’ancora più drammatica ed interminabile cronaca giudiziaria del ‘Mostro di Firenze’ che sta angosciando con i suoi inquietanti risvolti l’opinione pubblica del nostro paese da molti decenni: anche in questo caso, se le ipotesi investigative degli inquirenti saranno verificate e comprovate al di là di ogni ragionevole dubbio ci si troverebbe di fronte ad una sconcertante serie di omicidi rituali a sfondo satanico.

Queste organizzazioni, infatti, possono attirare o essere addirittura fondate da personalità connotate da pericolose caratteristiche antisociali che possono slatentizzarsi nell’ambito di un gruppo che le cova e le fomenta e sappiamo bene quanto le dinamiche di gruppi con queste caratteristiche possano agevolare la formazione di comportamenti violenti e distruttivi che poi fagocitano in sé la volontà individuale che viene annullata dalla volontà del gruppo soprattutto se, appunto, guidato da un leader carismatico profondamente disturbato. E’ nota a tutti la vicenda di Charles Manson e della sua cosiddetta ’Famiglia’, credo. Comunque, a differenza di altri gruppi settari, al culto satanista, come scrive Francesco Barresi (1), gli affiliati si accostano per convinzione personale e non tanto a causa di fattori persuasivi esterni, tranne, vorrei aggiungere, i casi in cui sono coinvolti minori o persone affette da patologie psichiche tali da offuscare la loro capacità di intendere e di volere o da profili di personalità tali da renderli particolarmente suggestionabili o manipolabili. L’autore, sociologo e criminologo appartenente alla Polizia di Stato, scrive che un altro aspetto fondamentale che caratterizza il satanismo è la segretezza, aspetto questo che rende particolarmente difficoltose le indagini delle forze dell’ordine e anche la ricerca sul fenomeno.
A tal proposito, continua, è necessario adottare delle adeguate metodologie investigative, sia dal punto di vista preventivo che repressivo, ed è fondamentale prestare particolare attenzione alla presenza di segni e simboli esoterici sulla scena di eventuali crimini per poter eventualmente indirizzare le indagini verso una pista satanica.(2)

Inoltre vorrei a questo punto segnalare la suddivisione che propone lo stesso Barresi delle varie forme in cui si può manifestare il fenomeno satanico basata sulla modalità comportamentale-motivazionale del satanista:

1) satanismo religioso: culto satanico in cui l’adepto si dimostra realmente devoto alla divinità infernale e in questa crede realmente;
2) satanismo ludico: culto satanico a cui l’adepto si accosta più per gioco che per convinzione fideistica;
3) satanismo sessuale: culto satanico a cui il soggetto si rivolge per estrinsecare le sue pulsioni sessuali;
4) satanismo acido: satanismo di tipo adolescenziale a cui l’adepto si avvicina per consumare droghe di vario genere, fra le quali rientrano anche gli abusi di alcool;
5) satanismo schizofrenico: culto satanico a cui l’adepto si rivolge spinto da gravi psicopatologie. (3)

Sono inoltre convinto che la letteratura psicologica fornisca ,a individui senza scrupoli, degli ottimi strumenti da utilizzare per manipolare ai loro scopi altri individui più vulnerabili e suggestionabili: soprattutto le tecniche ipnotiche e tutto ciò che concerne le dinamiche e le tecniche di persuasione e condizionamento ,che se utilizzate con finalità genuinamente terapeutiche possono ottenere dei risultati positivi per la salute e la crescita psicologica delle persone, nelle mani sbagliate, invece, possono diventare degli strumenti veramente pericolosi.
E’ necessario, quindi, che la criminologia e la psicologia giuridica si occupino con particolare attenzione del fenomeno settario : secondo Marco Strano (4), quando alcuni crimini vengono progettati ed eseguiti all’interno di tali organizzazioni, la rilevanza che questi fatti assumono da un punto di vista criminologico richiede uno studio accurato del particolare clima psicologico che si viene strutturando all’interno della setta, laddove alcuni leader ingeriscono pesantemente sui processi decisionali degli adepti, per cercare di interpretare i crimini che si verificano in questi ambienti esoterici ed occulti iniziando, a tal proposito, con lo studiare gli aspetti antropologici ed organizzativi delle sette per poter comprendere l’ambito in cui trova origine la condotta delittuosa, per poter mettere a fuoco gli aspetti psicosociali che favoriscono l’avvicinamento degli individui a tali realtà e per cercare di comprendere la capacità dell’atmosfera esoterica di interferire nei processi percettivi e di significazione che sono alla base del comportamento criminale.

Lo stesso autore (5) delinea le ragioni che spingono un individuo ad avvicinarsi ad un gruppo pseudoreligioso suddividendole in variabili sociali e psicologiche.

Le variabili sociali segnalate sono le seguenti:

– processo di secolarizzazione della Chiesa cattolica e conseguente apertura di spazio di culto per movimenti religiosi alternativi;
– diffusione di ideologie ecologiste e antitecnologiche nel tessuto sociale e pronta acquisizione di tali connotazioni ideali da parte di sette di varia estrazione, soprattutto di matrice new age;
– progressivo slittamento culturale dal collettivismo all’individualismo, dovuto alla crisi delle grandi ideologie di matrice socialista, con conseguente maggiore richiesta di culti e pacchetti valoriali riferiti alla sfera intima, emotiva e psicologica dell’individuo;
– disagio generalizzato dovuto all’impatto aggressivo del progresso, talvolta di difficile inserimento nella sfera antropologica degli individui, con conseguente nascita di simpatia nei confronti di poteri magici e segrete conoscenze che permettano di governare la sovrastimolazione, la frenesia sociale e la generica incertezza per il futuro;
– diffusa ricerca di esclusività in antagonismo schizofrenico alla ricerca di standardizzazione e conformità.

Le variabili psicologiche:

– antagonismo alla frustrazione di inadeguatezza sociale attraverso l’appartenenza ad un gruppo (la setta) che volutamente ingenera negli adepti la convinzione di essere viceversa importanti, naturalmente solo all’interno della setta stessa;
– carisma dei capi e complementare richiesta di potere carismatico da parte di soggetti insicuri;
– riduzione dell’ansia (es. della morte) attraverso il convincimento acquisito di esistenze ultraterrene, immortalità, ecc.;
– aumento dell’autostima a seguito dell’apprendimento di poteri magici che consentono una rinnovata capacità di determinare eventi e controllare l’ambiente esterno;
– riduzione dell’angoscia in situazioni di grande dolore psicologico (seguente ad esempio ad un lutto familiare),
– soddisfazione di bisogni di dipendenza e sottomissione da parte di soggetti con particolari profili di personalità;
– opportunità di relazioni interpersonali(anche sessuali) per soggetti con particolari difficoltà relazionali;
– solitudine e disgregazione familiare;
– particolare sensibilità alle tecniche di suggestione e di condizionamento operante (rinforzo sistematico di comportamenti utili da parte del leader carismatico).

Venendo ora ad affrontare nello specifico gli aspetti criminologici delle sette è necessario sottolineare che la motivazione alla base della fondazione di molti gruppi pseudoreligiosi non è per niente religiosa quanto invece basata su interessi ben più materiali ed utilitaristici.

Sempre Marco Strano (6), elenca la seguente lista di ‘interessi’ che in alcuni casi possono sconfinare nell’illegalità:

– acquisizione di ricchezze attraverso le quote di adesione degli adepti o, in alcuni casi, attraverso l’espoliazione dell’intero patrimonio degli adepti;
– acquisizione di ricchezze attraverso la vendita agli adepti di materiale bibliografico e rituale e l’organizzazione di corsi e seminari;
– soddisfazione di desideri sessuali e perversioni;
– acquisizione di vantaggi provenienti dalle singole attività professionali degli adepti;
– acquisizione di informazioni sensibili in campo industriale, finanziario-mobiliare e politico-istituzionale da parte degli adepti che ricoprono incarichi professionali e istituzionali elevati. Tali informazioni possono essere in seguito utilizzate dalla setta per speculazioni, ricatti, ecc.

L’autore (7) continua affermando che, soprattutto nei culti distruttivi, sono configurabili due categorie di crimini: i crimini commessi ai danni degli adepti e i crimini commessi dagli adepti ai danni di altri adepti o di persone esterne alla setta sotto l’influenza di condizionamenti da parte del gruppo a cui appartengono.

Per quanto riguarda i crimini commessi dai leader ai danni degli adepti che li subiscono con diversi gradi di consapevolezza elenca questa serie di reati:

1) truffe e frodi
2) minacce
3) estorsioni
4) sequestri di persona (di durata variabile)
5) sfruttamento (del lavoro e della prostituzione)
6) lesioni (procurate nel corso di rituali)
7) violenze fisiche di vario tipo
8) spaccio di stupefacenti
9) pedofilia
10) abusi sessuali
11) induzione al suicidio
12) omicidi

Per quanto riguarda invece i crimini commessi dagli adepti ai danni di altri adepti o di persone esterne alla setta, commessi in un generico quadro di alterazione della coscienza, l’autore (8) segnala i seguenti reati:

1) reati familiari (es. mancato sostentamento, abbandono, ecc.)
2) violenze e lesioni ad altri adepti nel corso di rituali
3) detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti
4) abusi sessuali e pedofilia
5) profanazione di cimiteri
6) maltrattamento di animali
7) furti (es. ostie e altri oggetti nelle chiese)
8) concorso in truffe e frodi
9) furto di informazioni
10) danneggiamenti ( chiese e altri locali)

C’è da aggiungere inoltre che ogni setta presenta dei reati ricorrenti :

1) sette transnazionali: truffe, spoliazione economica degli adepti, acquisizione di informazioni, ecc.;
2) sette sataniche: violenza sessuale, pedofilia, lesioni, detenzione e spaccio di stupefacenti, maltrattamento di animali, azioni contro il buon gusto (sanzionate penalmente), profanazione di cimiteri, minacce, ecc.;
3) psicosette: esercizio abusivo della professione di medico/psicologo, truffe. (9)

Per entrare nel cuore della manipolazione mentale, il tema specifico oggetto del presente lavoro, mi sembra inevitabile fare riferimento a Steven Hassan autore di due importanti lavori sul controllo mentale distruttivo: “Mentalmente Liberi” e “Releasing the Bonds” (non ancora tradotto in italiano) ai quali mi sono completamente ispirato.
A 19 anni venne reclutato da adepti della Chiesa dell’Unificazione di Moon, gruppo settario molto potente negli Stati Uniti.
In poco tempo arrivò a ricoprire importati cariche ai vertici dell’organizzazione fino a quando, in seguito ad un incidente, causato probabilmente dal sovraccarico di stress al quale era sottoposto per poter assolvere ai compiti strenui che gli venivano continuamente affidati per reperire soldi e reclutare nuovi adepti, i suoi genitori riuscirono a riportarlo a casa e a sottoporlo ad un programma di deprogrammazione che ebbe buon esito.

Nei 14 anni che seguirono alla sua fuoriuscita dalla setta si è completamente dedicato alla sensibilizzazione e alla divulgazione dei problemi legati al fenomeno dei culti distruttivi facendo una mirabile opera di prevenzione rispetto al rischio vittimologico che le persone corrono soprattutto nei momenti di maggiore vulnerabilità.
Ha conseguito un Master in Psicologia del Counseling presso il Cambridge College ed ha aperto la strada ad un nuovo approccio terapeutico denominato ‘Exit Counseling non coercitivo’ finalizzato al recupero e alla riabilitazione di ex adepti, alternativo alla deprogrammazione alla quale lui stesso venne sottoposto e che considera eccessivamente violenta.

Il suo approccio terapeutico (10) , indirizzato alla vittima di un culto distruttivo, è finalizzato ad evidenziare questi quattro punti

1. dimostrargli che è caduta in una trappola, cioè che si trova in una situazione nella quale è psicologicamente senza difese e dalla quale non può uscire;
2. farle notare che non ha mai scelto volontariamente di entrare in quella trappola;
3. informarla del fatto che altre persone in altri gruppi si trovano in trappole analoghe;
4. comunicarle con fermezza che può uscire da quella trappola.

Come fa notare l’autore questi quattro punti così ovvi a chi non si trova a vivere l’esperienza di un culto distruttivo sulla sua pelle non lo sono altrettanto per chi si trova a vivere una condizione di assoluto controllo mentale.

Il suo approccio terapeutico si basa su dei convincimenti di base relativi alla natura umana: (11)

1. le persone hanno bisogno e desiderio di crescere e sono orientate verso direzioni capaci di sviluppare e incoraggiare la loro crescita;
2. è importante che le persone si concentrino sul qui e ora e non rimangano avvinghiate al passato: che non si concentrino sugli errori commessi o su ciò che non hanno fatto bensì su ciò che possono fare adesso per cambiare in meglio la loro situazione;
3. le persone sceglieranno sempre e in qualsiasi momento ciò che reputano essere per loro la cosa migliore: sono entrate in una setta perchè credevano o volevano credere, perché ne avevano bisogno, che la dottrina divulgata dalla setta poteva rappresentare un vantaggio;
4. ogni persona è unica e ogni situazione è diversa dall’altra, per questo l’approccio di Hassan è totalmente centrato sul cliente e si adegua ai bisogni della singola persona e prevede, inoltre, che il consulente comprenda a fondo la persona che si trova di fronte: quali sono i suoi valori, i suoi bisogni, cosa vuole e come pensa. IL consulente, secondo Hassan, deve essere in grado di entrare nella mentalità del cliente per poterlo capire veramente e aiutarlo a fare ciò che lui e nessun altro vuole. Il suo approccio si basa sul convincimento che anche il seguace più indottrinato nel suo intimo in realtà voglia uscire dalla setta;
5. l’approccio è basato sulla famiglia degli adepti; è la famiglia, infatti, che viene travolta drammaticamente quando un congiunto, perlopiù i figli, viene reclutato in un culto distruttivo, ed è la famiglia stessa a rappresentare una risorsa fondamentale per la risoluzione positiva del caso. E’ necessario, a tal fine, insegnargli accuratamente le tecniche della comunicazione che gli permettano di essere efficaci nell’approccio con il loro congiunto per indurlo a collaborare. E’ evidente che tutto questo richiede da parte della famiglia molto impegno e dedizione: disponibilità nell’imparare nuovi modi di comunicare e accettare di elaborare le problematiche inconsce che in questa fase possono risvegliarsi. E’ infatti necessario affrontare e possibilmente risolvere eventuali problemi tra i familiari prima di tentare qualsiasi intervento. A questo proposito :” Quando l’attenzione viene centrata sulla famiglia tutti subiscono un cambiamento: dal canto suo il seguace del culto si rende conto che fuori dal gruppo stanno accadendo cose positive, mentre i familiari imparano a costruire un rapporto di fiducia e a fare in modo che il loro caro si interroghi sul suo operato. L’affetto di una famiglia è molto più forte di quello condizionato che gli adepti di un culto ricevono da parte dei loro dirigenti. Mentre la famiglia appoggia il diritto individuale di crescere e diventare un adulto autonomo e in grado di prendere da solo le proprie decisioni, l’affetto che un affiliato riceve dal culto ha lo scopo di mantenerlo per sempre in uno stato adolescenziale e di dipendenza, minacciandolo di far venir meno ogni forma di affetto nel caso prendesse decisioni che non collimano con quanto ordinatogli dal capo. Quando i familiari imparano a interagire in maniera efficace, l’aiuto che possono fornire è molto elevato e nel corso di un intervento questo fattore può diventare cruciale.” (12)

Nel suo approccio Steven Hassan non cerca mai di far allontanare l’affiliato dal gruppo o viceversa perché altrimenti lo stesso si sentirebbe minacciato; ciò che invece cerca di fare è presentargli altri modi per crescere sottoponendogli diverse prospettive e possibilità. Aiuta le persone a vedere alternative che non sapevano esistessero poi le incoraggia a fare ciò che pensano sia meglio per loro e cerca di fare in tutti i modi per fargli sentire di avere in mano il pieno controllo della situazione infatti, “ ….il controllo mentale esercitato dai culti non riesce mai a cancellare del tutto il vero Io della persona (John-John). E’ certamente vero che impone una identità dominante fornita dal culto (John-l’adepto) che cerca continuamente di reprimere il vero Io. Quale seguace della Chiesa dell’Unificazione pensavo veramente di essere ‘morto a me stesso’; lo Steve – moonista pensava che il vecchio Steve Hassan fosse morto. Ma il mio vero Io si è risvegliato durante la deprogrammazione: era sempre stato lì. Fui in grado di ricordare tutte le contraddizioni, i conflitti e le promesse non mantenute da Moon che nel periodo in cui ero un adepto avevo sperimentato – ma non elaborato – e tale presa di coscienza mi permise di uscirne fuori. Dentro di me l’avevo sempre saputo. Riuscire a mettersi in contatto con il nucleo centrale e profondo di un individuo è ciò che mi permette di aiutare qualcuno a uscire da un culto. Se quel nucleo centrale è felice e contento del suo impegno nel gruppo, c’è assai poco da fare. Quella persona non si trova affatto sotto controllo mentale. Egli ha scelto di essere là. Ma non sono questi i casi che mi vengono normalmente sottoposti. Le famiglie mi chiamano quando si accorgono che sta succedendo qualcosa di terribile. E ho constatato che quando un individuo schiavizzato viene messo in condizione di poter scegliere, si guarda bene dallo scegliere di fare lo schiavo: perlomeno non quando è in grado di decidere da solo della propria vita, avere normali rapporti che non subiscano limitazioni di sorta e curare i propri sogni e interessi.(13)

Questo approccio terapeutico presenta altri aspetti molto ben definiti. Come prima cosa si concentra sul processo di cambiamento. Ciò significa che il come una persona arriva a cambiare è ben più importante di che cosa o perché cambia. Poi, nella convinzione che le persone siano interessate a crescere e a imparare persegue finalità educative e cerca di insegnare nozioni utili di psicologia, la comunicazione, i problemi del controllo mentale e lo stile di altri culti distruttivi, come pure la storia di un particolare gruppo, le contraddizioni dottrinali operate al suo interno e la sua dirigenza.

In ‘Releasing the Bonds’, Hassan presenta lo sviluppo del suo exit counseling. Il nuovo approccio terapeutico viene definito ‘Strategic Interaction Approach’ (in italiano Approccio di Interazione Strategica) finalizzato ad aiutare e a comprendere meglio l’affiliazione di chi è coinvolto in una setta distruttiva. Inoltre presenta nuovi strumenti operativi anche per i familiari e gli amici delle vittime di manipolazione mentale e introduce inoltre un intervento in tre parti sulla fobia, elemento fondamentale che tiene legato l’affiliato alla setta che gliel’ha inculcata.:” (…..) Il SIA differisce poi dall’exit counseling per l’enfasi posta sul processo di cambiamento, piuttosto che sul puro contenuto informativo. Il modello dell’exit counseling partiva dal presupposto che l’assistente possedeva informazioni difficili da ottenere. Tutto questo è cambiato perché al giorno d’oggi critici ed ex membri di diversi gruppi stanno pubblicando sul web informazioni su sette e controllo mentale. Con l’avvento di internet chiunque abbia un computer e un modem può mettersi in contatto con altre famiglie, ottenere l’assistenza di esperti ed ex membri, trovare informazioni in modi fino a poco tempo fa impossibili.

Ora che l’informazione è diventata così accessibile, possiamo dedicare il nostro tempo a sviluppare un’accurata comprensione del membro, del gruppo a cui appartiene, degli amici e familiari che lo amano. Inoltre nel Strategic Interaction Approach apprendiamo come identificare i fattori che rendono più vulnerabili al controllo mentale, come ad esempio disordini di apprendimento, problemi sessuali irrisolti, o fobie preesistenti da cui le sette possono trarre vantaggio. Creiamo un modello delle varie parti del sè autentico del nostro caro che sono state coltivate per reclutarlo nell’identità settaria. Comprendere queste sub – personalità aiuta ad entrare in relazione con l’identità settaria, e ci aiuta anche ad identificare e incoraggiare quegli aspetti dell’identità settaria che vale la pena preservare (……) (14)

IL CONTROLLO MENTALE DISTRUTTIVO.
Il controllo mentale distruttivo è quella caratteristica che differenzia le sette criminali dalle organizzazioni con finalità che non nuocciono all’integrità e alla libertà individuale.
“Quando ero nel culto di Moon i miei amici e familiari mi dicevano spesso che ero stato “plagiato”, o che mi trovavo sotto “controllo mentale”.
All’epoca pensavo che “controllo mentale” significasse essere ammanettato, torturato e interrogato sotto luci violente, e sapevo che a me non era accaduto. Così quando mi chiamavano ‘robot plagiato’ pensavo che mi stessero semplicemente perseguitando per le mie convinzioni e credenze. E i loro commenti negativi finivano per rafforzare la mia dedizione al gruppo. Come qualsiasi altro membro di un gruppo distruttivo, prima di riuscire a capire che vi ero stato sottoposto avevo bisogno di capire che cos’è davvero il controllo mentale e come viene usato.
Nel corso della mia deprogrammazione il libro del 1961 di Robert Jay Lifton,” Thought Reform and the Psychology of Totalism”, mi fornì il primo sistema di riferimento per comprendere il controllo mentale.(….)

Nel capitolo 22 del suo libro Lifton identifica otto criteri che contraddistinguono l’uso della ‘riforma del pensiero’ o controllo mentale: controllo di milieu, manipolazione mistica, richiesta di purezza, culto della confessione, scienza sacra, linguaggio caricato, dottrina contro persona e dispensazione dell’esistenza. Lifton scrive che mentre molti gruppi mostrano alcuni di questi punti, il gruppo che mostri tutti e otto questi criteri sta usando controllo mentale distruttivo.

Gli otto criteri di Lifton.

1. Controllo del milieu: controllo dell’ambiente e della comunicazione all’interno dell’ambiente. Comprende non solo la comunicazione tra le persone, ma anche come il gruppo si inserisce nella mente dell’individuo e controlla il suo dialogo interno.
2. Manipolazione mistica: costruzione artificiosa di esperienze per inscenare eventi apparentemente spontanei e “sovrannaturali”. Tutti manipolano tutti per uno scopo più elevato.
3. Richiesta di purezza: stabilire standard di prestazioni impossibili da raggiungere, creando perciò un ambiente di colpa e vergogna. Indipendentemente da quanto duramente una persona ci provi, non vi giunge mai, sta male e lavora ancora più sodo.
4. Culto della confessione: distruzione dei confini personali e attendersi che ogni pensiero, sentimento o azione – passati o presenti – non conformi alle regole del gruppo vengano condivisi o confessati. Queste informazioni non vengono dimenticate o perdonate, ma usate piuttosto per controllare.
5. Scienza sacra: la convinzione che il dogma del gruppo sia assolutamente scientifico e moralmente vero, senza spazio per domande o punti di vista alternativi.
6. Linguaggio caricato: uso di un vocabolario che limita i pensieri del membro verso un assoluto, un bianco – e nero, verso “clichè blocca pensiero” capiti unicamente dagli interni.
7. Dottrina contro persona: imposizione delle credenze del gruppo su esperienza, coscienza e integrità individuali.
8. Dispensazione dell’esistenza: convinzione che i membri del gruppo abbiano diritto di esistere mentre tutti gli ex membri, i critici o i dissidenti non l’abbiano.” (15)

Gli studi di Psicologia Sociale, inoltre, sono fondamentali per comprendere come i culti utilizzano i processi di influenza sociale, ad esempio la pressione da parte del gruppo e l’obbedienza all’autorità, per controllare i propri membri.

Nell’ambito della Psicologia Sociale un nome d’eccellenza è sicuramente quello di Kurt Lewin: la sua teoria del campo, i suoi studi sulla coesione, sui processi decisionali nei gruppi, sulle differenze tra autoritarismo e democrazia, sulle tecniche di modificazione dell’atteggiamento e sulla risoluzione dei conflitti sono fondamentali per approcciarsi al tema del controllo mentale settario e hanno influenzato la formazione di Steven Hassan così come gli studi del Dott. Philip Zimbardo sul potere dei processi di influenza sociale che condusse un esperimento, diventato famoso, sulla psicologia sociale dell’imprigionamento, nel quale, riproducendo con estrema cura e verosimiglianza l’esperienza della prigionia riuscì a dimostrare quanto l’identità della persona dipenda dal ruolo che sta recitando, dal modo in cui gli altri la trattano, da quale uniforme o abbigliamento indossi. Hassan scrive che Zimbardo gli ha insegnato la più importante regola della psicologia sociale, cioè “l’errore fondamentale di attribuzione”. Soprattutto nelle culture, come quella statunitense dove viene ampiamente valorizzata l’individualità, le persone in genere presumono di agire sempre in base alla propria idea piuttosto che in base all’influenza esercitata da forze esterne. Invece la psicologia sociale ha dimostrato che tutti siamo profondamente influenzati dal nostro ambiente e che è naturale per l’essere umano adattarsi a ciò che viene percepito come un comportamento corretto. (16)

Secondo Hassan il controllo mentale non è un processo ambiguo, mistico, bensì è un concetto riferibile a una specifica serie di metodi e tecniche come l’ipnosi o il blocco del pensiero che influenzano il modo in cui una persona pensa, sente ed agisce.
In sé non è buono né cattivo: a determinare la sua qualità in un senso o nell’altro è l’utilizzo che se ne fa e le finalità che si prefigge. Diventa distruttivo, infatti, quando viene utilizzato per minare la capacità di pensare e di agire autonomamente.

Scrive l’autore:

“Il controllo mentale, come viene utilizzato dalla maggior parte dei culti distruttivi, non cerca di fare altro che intralciare l’identità vera dell’individuo – comportamento, pensieri, emozioni – e ricostruirla ad immagine del leader. Lo si fa controllando rigidamente la vita fisica, intellettuale, emotiva e spirituale del membro. Unicità e creatività della persona vengono soppresse. Il controllo mentale settario è un processo sociale che incoraggia obbedienza, dipendenza e conformità. Scoraggia autonomia e individualità immergendo i principianti in un ambiente che reprime la libera scelta. I dogmi del gruppo diventano l’unica preoccupazione della persona. Qualsiasi cosa o chiunque non rientri in questa realtà rimodellata diventa irrilevante.” (17)

In questo suo lavoro Hassan cita un’altra autorevole studiosa del fenomeno settario, Margareth Singer, che negli anni ’50 studiò gli effetti della riforma del pensiero sui prigionieri di guerra coreani. Le sei condizioni che la Singer ritiene indispensabili perché si possa parlare di riforma del pensiero sono le seguenti: (18)

1. Acquisire il controllo sul tempo personale individuale, in particolare sul tempo dedicato alla riflessione e all’ambiente fisico
2. Creare senso di impotenza, paura e dipendenza, fornendo contemporaneamente modelli che dimostrino il nuovo comportamento che la leadership vuole produrre.
3. Manipolazione di premi, punizioni ed esperienze al fine di sopprimere precedenti comportamenti e atteggiamenti sociali, compreso l’utilizzo di stati alterati di coscienza per manipolare l’esperienza.
4. Manipolazione di premi, punizioni ed esperienze per provocare comportamenti e atteggiamenti voluti dalla leadership.
5. Creazione di un sistema fortemente controllato, con un sistema logico molto ristretto in cui chi dissente viene fatto sentire come se i suoi interrogativi indicassero che esiste qualcosa di intrinsecamente sbagliato in lui.
6. Mantenere i membri inconsapevoli e non informati sul fatto che esiste un’agenda tesa a controllarli e modificarli. La leadership non potrebbe portare avanti un programma di riforma del pensiero se il membro fosse al pieno delle sue capacità e avesse dato il suo consenso informato.

Per Steven Hassan Lavaggio del Cervello (Brainwashing in inglese) e controllo mentale non sono sovrapponibili:

“(…..) il termine lavaggio del cervello viene spesso associato a comportamenti apertamente coercitivi, esemplificati dall’immagine di un prigioniero nelle mani di carcerieri che abusano di lui. All’inizio del processo di “lavaggio del cervello” il soggetto considera gli “agenti di influenza” come “nemici”, e viene costretto ad obbedire.
Nel caso del controllo mentale gli “agenti di influenza” vengono visti come amici o mentori, il che porta all’abbassamento delle difese rendendo le persone più vulnerabili alla manipolazione. La chiave del successo del controllo mentale risiede nella sua sottigliezza, astuzia, nel modo in cui promuove la “illusione di controllo”. L’individuo crede di “prendere decisioni autonome” quando in realtà è stato socialmente influenzato a disinserire la mente critica e la capacità di prendere decisioni indipendenti. (….) Quando l’individuo fa un passo indietro e valuta oggettivamente la grande quantità di influenza sociale esercitata per portarlo alla resa, il grado di manipolazione diventa molto evidente.” (19)

Un altro studioso che ha contribuito alla comprensione dei processi di controllo mentale è lo psicologo Leon Festinger con la sua teoria della dissonanza cognitiva il cui principio base è il seguente: “Se cambiate il comportamento di una persona, i suoi pensieri e sentimenti cambieranno per minimizzare la dissonanza.” (20)

Hassan riprende nel suo lavoro questa teoria e spiega che per Festinger “(….) la ‘dissonanza’ è la tensione psicologica che si crea quando il comportamento entra in conflitto con le convinzioni. Così come la fame, questa tensione è uno stato di disagio che porta a prendere misure tese a ridurla. Si preferisce avere comportamento, pensieri ed emozioni reciprocamente coerenti, e si possono tollerare solo piccole discrepanze tra queste tre componenti della nostra identità. La ricerca psicologica ha dimostrato che se una qualsiasi di queste tre componenti cambia, le altre due si modificheranno per ridurre la dissonanza cognitiva.”(21)

Quindi il controllo del comportamento, il controllo dei pensieri e il controllo delle emozioni sono gli strumenti che le sette distruttive utilizzano per manipolare mentalmente i loro adepti .
A queste tre componenti Hassan aggiunge il controllo delle informazioni finalizzato a limitare le capacità di pensiero indipendente dell’individuo. Riporto di seguito e integralmente gli schemi esemplificativi con cui Hassan illustra le modalità di controllo del comportamento, controllo dell’informazione, controllo del pensiero e controllo delle emozioni utilizzate dai culti distruttivi: (22)

Il controllo del comportamento

1. Regolazione della realtà fisica dell’individuo
a. dove, come e chi il membro vive o frequenta
b. che tipo di abbigliamento, colori, acconciatura indossa
c. che cibo mangia, beve, adotta e rifiuta
d. quanto tempo per dormire riesce ad avere
e. dipendenza finanziaria
f. poco o inesistente tempo libero per i piaceri, il divertimento, le vacanze

2. Dedicare molto del proprio tempo a sedute di indottrinamento e rituali del gruppo
3. Deve chiedere l’autorizzazione per decisioni importanti
4. Deve riferire ai superiori pensieri, sentimenti e attività
5. Premi e punizioni (tecniche di modificazione comportamentale – positivo e negativo)
6. Individualismo scoraggiato: prevale il pensiero di gruppo
7. Regole e regolamento rigidi

Il controllo delle informazioni:

1. Uso dell’inganno
a. trattenere deliberatamente informazioni
b. distorcere le informazioni per renderle più accettabili
c. palesi menzogne

2. Scoraggiare o minimizzare fonti informative esterne al gruppo
a. libri, articoli, giornali, riviste, TV, radio
b. informazioni critiche
c. ex membri
d. mantenere i membri così occupati da non avere il tempo per pensare o per controllare personalmente

3. Compartimentazione dell’informazione: dottrine per esterni, dottrine per interni
a. l’informazione non è liberamente accessibile
b. l’informazione varia a missioni e livelli diversi in un ambito piramidale

4. Incoraggiare lo spiarsi a vicenda
a. appaiamento con un sistema di “amici” per osservare e controllare
b. riferire alla leadership pensieri, sentimenti e azioni devianti
c. comportamento individuale osservato dall’intero gruppo
d. la leadership decide chi “ha bisogno di sapere” cosa e quando

5. Uso estensivo di informazioni e propaganda auto – generate
a. bollettini, riviste, pubblicazioni, audiocassette, videocassette ed altri mezzi
b. citazioni erronee, affermazioni di fonti esterne presentate fuori contesto

6. Uso immorale della confessione
a. “peccati” usati per abolire i confini dell’identità
b. il passato usato per manipolare e controllare; nessun perdono o assoluzione

7. Bisogno di obbedienza e dipendenza

Controllo del Pensiero

1. Si deve interiorizzare la dottrina del gruppo come “Verità”
a. adottare la mappa della realtà del gruppo come “Realtà” (mappa = realtà)
b. pensiero in bianco – e –nero
c. bene contro male d. noi contro loro (interni contro esterni

2. Utilizzo di un linguaggio caricato (ad esempio, “clichè blocca – pensiero”). Le parole sono gli strumenti che usiamo per pensare. Questo “linguaggio” speciale limita invece che espandere la comprensione e può addirittura bloccare il pensiero in generale. Serve s ridurre la complessità dell’esperienza in poche parole banali e piatte
3. Vengono incoraggiati soltanto pensieri “buoni” e “appropriati”
4. Utilizzo di tecniche ipnotiche per indurre stati mentali alterati
5. Manipolazione dei ricordi, si inculcano falsi ricordi
6. Uso di tecniche blocca – pensiero per impedire il “test della realtà” bloccando i pensieri “negativi”, e permettendo soltanto pensieri “positivi”
a. negazione, razionalizzazione, giustificazione, illusione (pii desideri)
b. litanie
c. preghiere d. parlare in gergo e. cantare o mormorare

7. rifiuto dell’analisi razionale, del pensiero critico, della critica costruttiva. Nessuna domanda critica su Leader, dottrina o politica sembra essere legittima
8. nessun sistema di credenze alternativo è considerato legittimo, buono o utile

Controllo emotivo

1. manipolare e restringere la portata dei sentimenti personali
2. fare in modo che la persona pensi che se esistono problemi è sempre colpa sua, mai del leader o del gruppo
3. uso eccessivo del senso di colpa
a. colpa per l’identità
I. chi sei (non stai vivendo secondo il tuo potenziale)
II. il vostro passato
III. le persone che frequentate
IV. i vostri pensieri, sentimenti, azioni

b. colpa sociale
c. colpa storica

4. uso eccessivo della paura
a. paura di pensare in modo indipendente
b. paura del mondo esterno
c. paura dei nemici
d. paura di perdere la propria salvezza
e. paura di lasciare il gruppo o di essere cacciato dal gruppo
f. paura della disapprovazione

5. picchi emotivi eccessivi verso l’alto o il basso
6. rituali e frequenti confessioni pubbliche dei “peccati”
7. indottrinamento alla fobia: inculcare paure irrazionali sull’uscita dal gruppo, o addirittura sulla critica all’autorità del leader. La persona soggetta a controllo mentale non riesce a visualizzare un futuro positivo e soddisfacente fuori dal gruppo.

a. nessuna felicità o appagamento fuori dal gruppo
b. se ve ne andate subirete conseguenze terribili: suicidio, pazzia, 10.000 reincarnazioni, ecc.
c. evitare chi se n’è andato; paura di essere rifiutato da amici, pari, famiglia
d. non esiste mai una ragione legittima per andarsene. Secondo il punto di vista del gruppo chi se ne va è “debole”, “indisciplinato”, “non spirituale”, “terreno”, “plagiato da famiglia o assistenti” o “sedotto da denaro, sesso, rock and roll”.

CREAZIONE DELL’IDENTITA’ SETTARIA.

Il controllo del comportamento, dell’informazione, del pensiero e delle emozioni, scrive Hassan, hanno ciascuno in sé il potenziale per alterare in modo significativo l’identità della persona ma quando queste quattro forme di controllo vengono utilizzate insieme l’effetto è molto più estremo.
Le sette, continua Hassan, manipolano in modo consistente gli elementi che formano l’identità individuale e il controllo mentale settario dissocia la persona dalla sua identità autentica, e rende la sua nuova identità settaria dipendente dal gruppo. Dal punto di vista della salute mentale, il controllo mentale settario scompone gli elementi della psiche individuale in un’altra personalità distinta e l’adepto arriva a mostrare la sintomatologia classico di un “disordine dissociativo” come definito nel DSM IV e il suo comportamento può anche far pensare ad un disordine da personalità dipendente.

E’ per questo che le famiglie dell’adepto e i suoi amici rimangono colpiti e preoccupati dal cambiamento radicale della personalità del loro caro tanto da stentare a riconoscerlo: per diventare un buon adepto è stato indottrinato a manipolare e sopprimere il vecchio sé. Per facilitare questo processo gli è stato affidato un nome nuovo, abbigliamento nuovo, nuova acconciatura, un nuovo modo di parlare, una nuova “famiglia”, nuovi “amici”, nuovi pensieri, nuove emozioni e una nuova relazione con Dio.
L’adepto, spiega Hassan, perde così completamente qualsiasi punto di contatto con la sua realtà familiare e sociale e comincia ad operare con i criteri della nuova identità settaria con cui sarà difficile entrare in contatto con gli usuali punti di vista validi per la maggior parte delle persone perché l’uso di tecniche di controllo mentale distruttivo lede la possibilità di qualunque condivisione con chi non appartiene all’universo circoscritto della setta.

Per entrare ancora più nello specifico della creazione dell’identità settaria Hassan ci fa sapere che il metodo più comune per modellare l’identità settaria è accoppiare un nuovo membro con uno anziano. Il nuovo membro, definito “bambino spirituale”, viene istruito a imitare in tutto e per tutto il “genitore spirituale” fino ad arrivare ad imitarlo anche nella voce. La finalità di questa manipolazione, ci spiega Hassan, è quella di creare tanti cloni del leader.

In pratica, possiamo dire che l’adepto sottoposto a manipolazione mentale cade in un profondo stato regressivo ed inizia ad attivare, come il bambino piccolo con i genitori dai quali è in tutto e per tutto dipendente, meccanismi imitativi che lo portano a voler pensare come il leader, ad agire come lui, a sentire come lui, a parlare come lui, a camminare come lui.
Steven Hassan nella sua analisi dei processi di manipolazione mentale riprende il lavoro di Edgan Schein “,Coercive Persuasion”. Tutti e due, comunque, si rifanno al modello di riforma del pensiero di Kurt Lewin che descrive il processo di controllo mentale suddividendolo in tre fasi:

1. Scongelamento: il processo di scomposizione della persona;
2. Cambiamento: il processo di indottrinamento
3. Ricongelamento: il processo di consolidamento della nuova identità

Steven Hassan adatta ed espande questo modello. Vorrei quindi concludere questo mio lavoro con la descrizione schematica dell’autore dei tre stadi dell’acquisizione del controllo della mente : (23)

1. Scongelamento
a. disorientamento/confusione
b. privazione sensoriale e/o sovraccarico sensoriale

c. manipolazione fisiologica
I. privazione del sonno
II. privazione della privacy
III. cambiamento di dieta

d. ipnosi
I. regressione
II. visualizzazioni
III. raccontare leggende e metafore
IV. doppi sensi linguistici, uso della suggestione
V. meditazione, litanie, preghiere, canti

e. portare la persona a criticare la propria identità
f. ridefinizione del passato individuale (inculcare falsi ricordi, dimenticare i ricordi positivi del passato)

2. Cambiamento. a. creazione ed imposizione graduale di una nuova “identità”
I. formalmente con sedute di indottrinamento
II. informalmente da membri, nastri, libri, ecc.
b. uso di tecniche di modificazione comportamentale
I. premi e punizioni
II. uso di tecniche blocca – pensiero
III. controllo dell’ambiente

c. manipolazione mistica
d. uso di tecniche ipnotiche o che alterano la mente in altro modo
I. ripetizione, monotonia, ritmo
II. uso eccessivo di salmodie, litanie, preghiere, ordini, visualizzazioni

e. uso di confessioni e testimonianze, studi individuali, attività di gruppo

3. Ricongelamento
a. consolidamento della nuova identità, abbandono della vecchia
I. separazione dal passato; diminuizione o eliminazione dei contatti con famiglia e amici
II. rinuncia a beni importanti e donazione del patrimonio
III. inizio di attività della setta: reclutamento, raccolta fondi, trasferimento e convivenza con altri membri

b. nuovo nome, nuovo abbigliamento, nuova acconciatura, nuovo linguaggio, nuova “famiglia”
c. appaiamento con nuovi modelli guida, sistema del compagno
d. l’indottrinamento continua: seminari, corsi, ritiri

Nella fase dello scongelamento, quindi, la propria identità inizia a sciogliersi, a liquefarsi. Questo accade nella fase del reclutamento. Durante il cosiddetto indottrinamento inizia ad avvenire il cambiamento che poi porta al ricongelamento nella nuova identità settaria.
Aiutare una persona che è stata manipolata mentalmente significa quindi dover sciogliere il falso sé strutturatosi attraverso la manipolazione e lavorare attraverso un viaggio nella memoria alla riscoperta del sé più autentico che nessun culto distruttivo, per quanto potente, può cancellare del tutto.

NOTE BIBLIOGRAFICHE.
(1) Francesco Barresi, Aspetti Criminologici ed Investigativi del Satanismo Criminale, in Manuale di Criminologia Clinica a cura di Marco Strano, Firenze, SEE, 2003, 472
(2) Op. cit., 472
(3) Op. cit., 472
(4) Marco Strano, Criminologia, Sette Sataniche e Controllo della Mente, in Manuale di Criminologia Clinica a cura di Marco Strano, Firenze, SEE, 2003, 455
(5) Op. cit., 455 – 456
(6) Op. cit., 457
(7) Op. cit., 457
(8) Op. cit., 458
(9) Op. cit., 458
(10) Steven Hassan, Mentalmente Liberi – Come uscire da una setta, Roma, Avverbi Ed., 1999, 173
(11) Op. cit., 173 – 174
(12) Op. cit. 175
(13) Steven Hassan, Che cos’è il Controllo Mentale Distruttivo?, tratto dal volume Releasing the Bonds, Freedom of Mind Press, Somerville, MA, traduzione a cura di Martini nel sito internet http://www.xenu.com dove tra l’altro ho trovato e consultato molti altri documenti inerenti l’argomento.

BIBLIOGRAFIA.
Marco Strano, Manuale di Criminologia Clinica, Firenze, SEE, 2003
Steven Hassan, Mentalmente Liberi – Come uscire da una setta, Roma, Avverbi, 1999
Steven Hassan, Releasing the Bonds, Freedom of Mind Press, Somerville, MA BIBLIOGRAFIA CONSULTATA.
Adolf Guggenbuhl-Craig, Al di sopra del malato e della malattia, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1987
Angelo Zappalà, Delitti rituali, Torino, Centro Scientifico Editore, 2004
Carlo Serra, Proposte di Criminologia Applicata 2000, Milano, Giuffrè Editore, 2000
Chiara Bini, Patrizia Santovecchi, Figli di un Dio Tiranno, Roma, Avverbi, 2002
Ed Sander, La Famiglia di Charles Manson – Gli assassini di Sharon Tate, Milano, Feltrinelli, 1972
Francesco Barresi, Sette religiose criminali – Dal Satanismo Criminale ai Culti distruttivi, Roma, EdUP, 2000
Jean Vernette, La Stregoneria oggi, Carnago (Varese), Sugarco Edizioni, 1992
Marc Galanter, Culti, Carnago (Varese), Sugarco Edizioni, 1989
Margareth Thaler Singer, Le Sette tra noi, Jossey-Bass Publisher, 1995 – in sito internet http://www.xenu.com – tradotto da Martini
Mario Spezi, Le Sette di Satana – Cronache dall’Inferno, Milano, Sonzogno Editore, 2004
Massimo Introvigne, Il lavaggio del Cervello: realtà o mito?, Torino, Editrice Elledici, 2002
Robert I. Simon, I Buoni lo sognano -I cattivi lo fanno, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1997
Verena Kast, Abbandonare il ruolo di vittima – Vivere la propria vita, Koinè – Centro Interdisciplinare di Psicologia e Scienze dell’Educazione, Roma, 2002
William Sims Bainbridge, Setta Satanica, Carnago (Varese), Sugarco Edizioni, 1987

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